Artrosi dell’anca

Detta anche coxartrosi, l’artrosi dell’anca è una patologia di natura degenerativa, cronica e progressiva che si contraddistingue per un’usura articolare che, a lungo andare, porta allo scorrimento tra la superficie della testa del femore e quella del cotile. La principale conseguenza di questa situazione è il dolore, che generalmente ha origine dall’inguine e si irradia verso il ginocchio.

Da non trascurare è anche la difficoltà nel deambulare, per non parlare della difficoltà nell’accavallare le gambe o nel compiere gesti quotidiani molto banali, come per esempio quello di allacciarsi le scarpe.

L’artrosi dell’anca può essere di due tipologie:

  • Artrosi primitiva: in questo caso, abbiamo a che fare con una condizione patologica favorita da fattori come l’invecchiamento e la familiarità.
  • Artrosi secondaria, ossia favorita da fattori che vanno dalle patologie genetiche e metaboliche, fino ai traumi e agli stati di infiammazione articolare.

Fondamentale è ricordare che, nonostante il picco di incidenza della coxartrosi si palesi tra i 75 e gli 80 anni, in sala operatoria possono entrare pazienti anche molto più giovani. Alle situazioni in questione contribuiscono fattori come il sovrappeso, l’attività professionale svolta, il livello di familiarità.

L’artrosi dell’anca si diagnostica ricorrendo alla radiologia tradizionale, che fornisce segni inconfondibili come:

  • Riduzione della rima articolare;
  • Sclerosi dell’osso subcondrale;
  • Presenza di cavità ossee note come geoidi;
  • Formazioni di sporgenze ossee denominate osteofiti, segno del tentativo che il nostro organismo mette in atto per ampliare la superficie articolare e contrastare il senso di instabilità

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Il trattamento

Il trattamento della coxartrosi dipende dallo stadio della patologia. Quando è ancora precoce, si può procedere con:

  • Sedute di fisioterapia;
  • Programmi terapeutici finalizzati alla riduzione del peso nei pazienti obesi;
  • Somministrazione di analgesici e antinfiammatori;
  • Somministrazione di agenti condroprotettivi;
  • Infiltrazioni di acido ialuronico e cortisonici;
  • Infiltrazioni di PRP (plasma ricco di piastrine).

Quando lo stadio è più avanzato, bisogna fare riferimento alla terapia chirurgica. In questo caso si può parlare di:

  • Artroscopia di anca, particolarmente utile in caso di conflitto femoro – acetabolare. In questi frangenti, avvalendosi dell’utilizzo della telecamera, è possibile effettuare lavaggi articolari, ma anche asportare frammenti distaccati di cartilagine articolare o aspirare liquido articolare pieno di mediatori infiammatori. Grazie a tale tecnica, è possibile apprezzare un sollievo temporaneo dal dolore, anche se è difficile prevedere i risultati. Su pazienti altamente selezionati si può agire con tecniche di  riparazione biologica quali tecniche di stimolazione del midollo osseo (abrasioni e microfratture sotto guida artroscopica) innesti osteocondrali autologhi o allologhi (prelievi di tessuto osteocondrale innestati nel difetto), innesti di condrociti in in sospensione (trapianti di frammenti di cartilagine prelevati dal paziente e reimpiantati dopo opportuni trattamenti), innesti di cartilagine ingegnerizzata, tecniche di rigenerazione guidata dei tessuti con innesti di proteine organiche (collagene ecc..) e matrice minerale (idrossiapatite).
  • Impianto di protesi totale d’anca.

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