L’artrosi è tra le più diffuse patologie che affliggono la popolazione.

Negli stadi più precoci il paziente può trarre beneficio dalla terapia conservativa non chirurgica come:

– Fisioterapia
– Riduzione del peso nei pazienti obesi
– Analgesici ed antinfiammatori
– Agenti condroprotettivi (integratori)
– Infiltrazioni con acido ialuronico/ cortisonici
– Infiltrazioni con plasma ricco di piastrine e fattori di crescita

Terapia chirurgica:

Negli stadi iniziali una chirurgia artroscopica di anca può avere qualche utilità, soprattutto in casi selezionati di conflitto femoro-acetabolare.

Con l’utilizzo della telecamera è possibile effettuare dei lavaggi articolari, asportare frammenti distaccati di cartilagine articolare, aspirare liquido articolare pieni di mediatori dell’infiammazione.

Con tale tecnica il paziente può aspettarsi un sollievo temporaneo dal dolore; tuttavia, i risultati sono imprevedibili.

In pazienti giovani, altamente selezionati, e con un iniziale selettivo danno della cartilagine si possono tentare degli interventi di riparazione biologica quali tecniche di stimolazione del midollo osseo (abrasioni e microfratture sotto guida artroscopica) innesti osteocondrali autologhi o allologhi (prelievi di tessuto osteocondrale innestati nel difetto), innesti di condrociti in in sospensione (trapianti di frammenti di cartilagine prelevati dal paziente e reimpiantati dopo opportuni trattamenti), innesti di cartilagine ingegnrizzata, tecniche di rigenerazione guidata dei tessuti con innesti di proteine organiche (collagene ecc..), e matrice minerale (idrossiapatite).

Protesi totale dell’anca:

Nel caso di protesi totale dell’anca l’obiettivo è quello di:

– Attenuare il dolore
– Recuperare la funzionalità e mobilità articolare
– Garantire la longevità dell’impianto

Gli interventi di protesi totale di anca sono destinati ad aumentare con il passare del tempo in quanto sono considerati, a tutt’oggi, uno degli interventi di chirurgia ortopedica di maggior soddisfazione per il paziente e per il chirurgo.

Circa il 90% delle protesi evidenziano una sopravvivenza a 15 anni e molti dei pazienti mantengono un risultato clinico più che soddisfacente nel tempo con un tasso di complicazioni che si verifica intorno al 1% dei casi.

Tra le complicazioni è possibile citare la mobilizzazione dell’impianto, l’instabilità, le infezioni, le fratture periprotesiche, il tromboembolismo venoso, lesioni vascolari e neurologiche.

La mobilizzazione è lo scollamento di una o più componenti protesiche (cementate e non) dal tessuto osseo che le accoglie. È un processo che si verifica dopo alcuni anni di vita dell’impianto ed è causato dalla reazione dell’organismo alla produzione di detriti dovuta alla progressiva usura dei materiali utilizzati.

Oggi, per fortuna, con la produzione di nuovi e più accurati materiali, (ceramiche, polietileni altamente reticolati con aggiunta di antiossidanti come la vit E1) il tasso di usura e, di conseguenza, di mobilizzazioni dell’impianto, si è ridotto notevolmente.

Molto raramente può avvenire la rottura di una componente protesica. I fattori che si ritiene abbiano un ruolo primario nella durata dell’impianto sono una corretta selezione del paziente, la qualità dei materiali, un corretto posizionamento della protesi.

Esistono diversi tipi di protesi, più o meno conservative. Quando possibile, conviene proteggere il patrimonio osseo, per poter reintervenire più agevolmente, in futuro. In questa ottica, nascono gli steli più corti (meno invasivi) come le protesi di rivestimento ed a conservazione del collo.

Tuttavia, le protesi mininvasive, consentono di preservare solo osso femorale (meno utile) e non sul versante acetabolare (anatomicamente più povero di tessuto osseo valido per una revisione della protesi).

Vie chirurgiche di accesso all’anca:

Le incisioni con cui i chirurghi si possono approcciare all’anca sono principalmente di tre tipi:

1- Approccio anteriore:

Vantaggi
– Minor danni ai muscoli maggiori: si può passare attraverso i muscoli senza distaccarli
– Minor dolore e più rapido recupero post operatorio nelle prime settimane
– Precoce mobilizzazione e deambulazione del paziente
– Minor ospedalizzazione

Svantaggi
– Di difficile esecuzione in pazienti obesi o con massa muscolare importante
– L’area chirurgica è posizionata vicino al nervo cutaneo laterale del femore (intorpidimento della coscia fino a dolore, meralgia parestesica)
– Maggior tasso di problemi di guarigione delle ferite, soprattutto in soggetti obesi
– Più difficile riprendere la stessa via nelle revisioni delle protesi

2- Approccio laterale:

Vantaggi
– Facile esecuzione
– Di facile estensione in caso di revisione
– Minor tasso di lussazioni

Svantaggi
– Distacco di muscoli maggiori (gluteo medio, piccolo gluteo)
– Insufficienza glutei (Zoppia con trendelemburg positivo)
– Ossificazioni eterotopiche
– Lesione del nervo gluteo superiore, nervo femorale

3- Approccio postero-laterale:

Vantaggi
– Facile esecuzione
– Di facile estensione in caso di revisione
– Split dei muscoli glutei senza distacco delle inserzioni ossee

Svantaggi
– Maggior tasso di dislocazioni, in mani poco esperte
– Più facile allungare l’arto operato, per ottenere maggiore stabilità
– Lesione nervo sciatico (1,3%)

Infine, ruolo fondamentale nel successo dell’intervento, spetta ad una corretta ed impegnativa riabilitazione volta al recupero del tono muscolare, del movimento e ripristino di una corretta deambulazione.